Giorno 5: La cultura della leadership

Giorno 5: La cultura della leadership

Divertimento, leadership e cultura: gli ingredienti per creare una giornata perfetta, coronata con un incontro storico che realizza un sogno.

La prima colazione con i ragazzi israeliani in una scuola per studenti meritevoli e poi subito partenza verso Acri alla volta di un’attività a sorpresa.

Giunti a destinazione ci siamo accorti che quella in cui ci trovavamo è una città ricca di storia, la cui parte vecchia è anche patrimonio dell’Unesco. Abbiamo scoperto poi che, come in realtà immaginavamo, la nostra non sarebbe stata una semplice visita: dopo alcuni giochi iniziali per ripassare i nomi (ci conoscevamo da solo un giorno), siamo stati divisi in quattro squadre. Dovevamo completare delle missioni, ognuna delle quali dava un punteggio diverso, che sarebbe servito a decretare il vincitore finale.

A parte quelle alla ricerca di monumenti o luoghi fisici, sono state sfide che ci hanno portato ad entrare davvero a contatto con le persone del luogo, che ci sono rimaste impresse soprattutto per la loro gentilezza e disponibilità ad aiutarci: siamo entrati in un ristorante e abbiamo ottenuto il permesso di fare un video mentre preparavamo vero cibo, interrompendoli nella loro attività lavorativa; abbiamo fermato un’auto della polizia e ci siamo saliti; su una barca abbiamo fatto una sorta di flash-mob con i passeggeri.

Queste ovviamente solo alcune delle tantissime attività svolte, che sono state molto divertenti soprattutto perché si era creato un gruppo unito, che collaborava e in cui ognuno dei membri ha avuto un ruolo importante. Ci ha aiutato a sviluppare il team working, di aiuto reciproco, ma anche la creatività, perché per alcune missioni ci siamo dovuti ingegnare, come quando non riuscivamo a trovare materassi o bombolette per tingere i capelli al mercato o non trovavamo strumenti musicali, finché, scovatone uno, gli altri ce li siamo creati con gli oggetti lì intorno.  Nonostante servissero anche strategie per riuscire a vincere, il fair play non è mancato, tanto che alla fine le squadre perdenti hanno imparato e cantato una canzoncina in ebraico per celebrare i vincitori. In tutti è rimasta la consapevolezza di esserci impegnati al massimo, di aver legato tra membri del gruppo e di essersi divertiti tantissimo, potenziando anche caratteristiche tipiche della leadership.

Nel primo pomeriggio ci siamo destreggiati tra le ripide e strette strade di Nazareth, dove abbiamo potuto ammirare la Basilica dell’Annunciazione, luogo importante per i cristiani, ma che è stato soprattutto un’occasione per conoscere le due religioni ebraica e cattolica, parlando della differenza delle festività, delle celebrazioni e dei riti da seguire. Visita che dunque ha suscitato reciproca curiosità, soddisfatta con domande e risposte dirette.

L’ultima, ma non meno importante attività della giornata è stato l’incontro con il gruppo arabo di LEAD a casa di una delle ragazze partecipanti. Nonostante l’accoglienza calorosa, all’inizio c’è stato un po’ di imbarazzo, poiché non sapevamo bene come dovessimo comportarci, come fosse il rapporto tra i gruppi ebrei e quello musulmano e di conseguenza quali domande potessimo fare e quali no. Non appena però abbiamo cominciato a parlare di leadership, l’atmosfera si è subito rilassata, senza più problemi e differenze né di religione, né di linguaggio, poiché tutti parlavamo la lingua della leadership.

Tamara, la ragazza che ci ha accolto nella sua casa, ci ha parlato del suo progetto, che si sta realizzando nel suo quartiere dove sta cercando di creare una biblioteca, che permetta a tutti di acculturarsi, ma che diventi anche punto di ritrovo e fonte di aggregazione per le persone. È stato poi il turno delle domande reciproche e, come spesso in questi giorni, ci è stato chiesto cosa facciamo noi in Italia, come funzioni LEADit, quali siano i problemi che dobbiamo affrontare e quali progetti creiamo. E anche questa volta troviamo la conferma che, nonostante la lontananza, la differenza del territorio in cui viviamo (solo il Veneto è quasi grande quanto tutto Israele e l’Italia, al contrario di Israele, non ha bisogno di un esercito che costantemente difenda i confini…), i problemi che individuiamo sono praticamente gli stessi, come anche la tipologia e misura dei progetti per risolverli e le difficoltà che incontriamo. Anche lì infatti molti progetti si concentrano sulla scuola o sul problema dell’integrazione. Una delle poche differenze sta nel fatto che, esistendo Lead Israele da ormai 20 anni ed essendo un’organizzazione affermata, conosciuta e che ha portato cambiamenti in tutto il Paese, i ragazzi hanno degli esempi da seguire davanti e non vivono il problema di spiegare alle persone cosa sia veramente la leadership, perché lì è una parola di cui tutti conoscono il significato e di cui esiste una traduzione in ebraico al contrario dell’Italia dove la figura del leader viene spesso confusa con quella del boss e quindi vista negativamente.

A noi piace dire che è stato un incontro storico, in cui ragazzi italiani, ebrei e arabi erano seduti uno a fianco all’altro, a formare un gruppo il cui obiettivo comune è quello di cambiare in meglio la società che ci circonda, di cercare di risolvere i problemi che individuiamo, partendo dal piccolo per arrivare poi a creare un grande impatto.

È stata una giornata perfetta, tanto che solo a scrivere di essa, rivivendone gli attimi, mi è spuntato il sorriso sulle labbra.

Sara Pavanello

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Elettra Favotto
elettraf@leaditalia.com